2009
Da stelle a stelle
STORIA -C'è una storia lunga tremila anni e anche più. Le impronte dei suoi passi segnano un cammino antico, profondo, dove ogni scorcio porta la voce degli antenati e il loro canto rende più lievi i ricordi. Questa storia è scritta nella pietra delle cave della Gonfolina.
Un muro di roccia sotto cui hanno vissuto generazioni di scalpellini, che dall'alba al tramonto, da stelle a stelle, battevano instancabilmente i loro martelli. Un luogo oggi dimenticato. Solo pochi decenni ci separano dalla fine di quel mondo, il cui ricordo ancora è scolpito nell'arenaria. Dobbiamo rimuovere quella cortina di indifferenza, quel segno indelebile nella nostra coscienza collettiva, per tornare nuovamente a parlare, a raccontare, ad ascoltare voci troppo vicine per essere dimenticate. Ogni giorno che passa la memoria si sfarina sotto i colpi incessanti di un tempo che non ha tregua. Un tempo che distrugge, che scalfisce la stessa pietra da cui ha avuto origine. Lungo questi sentieri uomini dalle facce antiche si ritrovano per restare fedeli alle loro memorie. Per chi vuole ascoltare, le pietre raccontano...
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VOCE 1 - Un sentiero conduce in cima alle cave...
VOCE 2 - E' irto, pieno di pericoli... VOCE 3 - Con gradini incisi nella roccia... VOCE 4 - Ora invaso dalle sterpaglie... VOCE 5 - Un luogo che racchiude una storia... VOCE 1 - Fatta di lavoro, di fatica, di sofferenza... VOCE 2 - E anche di vite quasi dimenticate... VOCE 3 - Vivemmo sotto muri di pietra... VOCE 4 - Ora odoriamo i fiori delle ginestre... VOCE 5 - Uniche sentinelle in questa desolante attesa. |
STORIA - C'è voluto del tempo per poter ascoltare queste cinque voci; cinque storie delle cave abbandonate; cinque tra le tante custodite tra queste pietre. Ognuna raccontata in una diversa età [infanzia, fanciullezza, giovinezza, maturità, vecchiaia] dell'uomo e della donna, dal bambino all'anziana, dal ragazzo all'adulto, sospinti da quei cinque sensi [vista, gusto, udito, tatto, olfatto] del corpo umano che rendono più vere le emozioni provate.
Se il viandante avrà la pazienza di fermarsi un istante, potrà sentire storie ad ogni passo di questo sentiero: storie di fatica, e morte. Alcune anche liete, è vero, ma sono poche. Storie di un microcosmo ormai scomparso.
Se il viandante avrà la pazienza di fermarsi un istante, potrà sentire storie ad ogni passo di questo sentiero: storie di fatica, e morte. Alcune anche liete, è vero, ma sono poche. Storie di un microcosmo ormai scomparso.
VOCE 1 - Una cosa che mi ricordo, sono le visite alle cave. Da bambino, mio nonno mi ci portava spesso alle cave. Quando partivamo, le stelle erano ancora alte nel cielo, e tutto era avvolto dall'oscurità. Le ombre, il ricordo di quelle fronde in cui tutto era immerso ancora mi riempie la mente. Insieme a noi, a notte fonda, un intero paese si svegliava: da ogni casa, da ogni porta, si intravedeva una sagoma nera che si univa all'interminabile fila diretta verso la montagna.
STORIA - Partivano che era ancora buio, gli scalpellini, con la loro cassetta degli arnesi. "Da stelle a stelle - dicevano - alle cave voglian la pelle", sottolineando l'umiltà di quel lavoro che dall'alba al crepuscolo li impegnava davanti ai fronti di roccia, con la fierezza e la serenità tipica dei tempi andati. VOCE 1 - Lungo il tragitto ad est spuntava il sole, e i suoi raggi battevano l'enorme superficie di roccia, che risplendeva delle calde tonalità mattutine. Lentamente la luce conquistava ogni angolo, ogni anfratto della parete, prima regno dell'ombra. I colori, ah!, quanti colori; era allora che la natura si rivelava in tutta la sua bellezza. |
VOCE 1 - Arrivati lì, era una scoperta: decine di operai, insieme a donne e bambini, intenti ad ogni genere di attività, sedevano su cassette di legno nelle quali riponevano gli arnesi, all'ombra di piante di fico dai tronchi nodosi e dalle enormi foglie verdi.
STORIA - Le secolari piante cresciute lungo i crepacci, offrivano, oltre ai gustosi frutti, anche un riparo nelle assolate giornate estive, quando il sole batteva a picco, e cuoceva anche la dura pietra. Un brulicare di persone che si muovevano in un caleidoscopio di luci e colori.
STORIA - Le secolari piante cresciute lungo i crepacci, offrivano, oltre ai gustosi frutti, anche un riparo nelle assolate giornate estive, quando il sole batteva a picco, e cuoceva anche la dura pietra. Un brulicare di persone che si muovevano in un caleidoscopio di luci e colori.
VOCE 1 - Mi commuovevo pensando a quell'abbraccio tra natura e lavoro dell'uomo, e mi stupivo; perchè il sole, ormai alto sopra l'orizzonte, brillava tra quelle ampie fronde mosse dal vento, rendendole lucenti, brillanti, e dipingendo, sui volti delle persone, scintille color oro. Io ero lì, e quel lontano ricordo mi fissava. Ed io lo riguardavo con i miei occhi di bambino, incantato da queste piante cresciute nel sole e nella pietra.
STORIA - Quei tronchi nodosi segnavano, prima dell'abbandono, il paesaggio delle cave e ne costituiscono, oggi, un elemento indelebile nella memoria di chi le ha vissute. |
VOCE 2 - Ogni volta che penso alle cave di fronte al mio paese, con le ripide scogliere di roccia a strapiombo, la memoria va verso l'inverno. Il primo ricordo è il tempo degli inverni, la memoria è quella della neve. Notti infinite, silenzi magici, lunghi, segreti, interrotti solo ogni tanto da sprazzi di allegria.
Com'è bello vedere la neve che scende. Quella neve leggera, che fiocca liscia, e imbianca tutto il paesaggio. Le pareti di roccia grigia diventano uno spettacolo, solcate da bianche nervature. E allora si faceva festa, festa per tutti. STORIA - Quando nevicava stavano tutti dentro le capanne. Emozionati, in silenzio, i bambini guardavano dalla finestra cadere i lenti fiocchi. I vecchi e gli adulti circondavano il focolare attorno al quale continuavano a scolpire. Era in quei momenti che si divertivano a raccontare storie: |
VOCE 2 - C'era una leggenda. Nelle mattinate in cui cadeva la neve, sulle cave arrivava una vecchia, tutta vestita di stracci, che come un mendicante vagava tra le roccie in cerca di non so cosa.
STORIA - Il suo mantello è bianco, come il manto della neve che la circonda, e si muove leggera come un fiocco di neve. Porta con sè un bastone, anch'esso tinteggiato di bianco. Quando pare di vederla, il più delle volte è solo un'impressione, o l'immagine lontana di un masso inerme. VOCE 2 - Di mattina andavamo fuori di nascosto, per mangiare un po' di quel soffice velo bianco che ricopriva tutto, prima che andasse via. Sentire i cristalli che si scioglievano in bocca uno ad uno, dissetando il palato e i sensi. Quella volta, assaporando la neve, riuscii a vederla. STORIA - Si dice che questa vecchia, aggirandosi tra le cave, quando incontra un'anima gentile e innocente si trasformi in una bellissima fanciulla. I suoi occhi sono colore del ghiaccio, ... VOCE 2 - ... e i suoi capelli, quasi bianchi, non riuscivano a invecchiarla perchè il suo viso era privo di rughe, e il suo corpo da fata le donava una grazia mai vista. Pareva danzare tra quei sassi irti ed acuminati. |
STORIA - Molte di queste leggende erano frutto della capacità inventiva di un popolo, che conservava intatti racconti e storie per divertire i più piccoli con poco.
VOCE 2 - Ripensandoci, non potevano essere solo fantasie. E se mi chiedessero se quella mattina, dissetandomi con una manciata di neve, io l'ho vista, risponderei di sì, perchè nella mia mente rimane ancora viva e impressa l'immagine di quella fata danzante delle cave della Gonfolina. Questo è il mio ricordo legato al sapore della neve: è quello che, più di tutti, mi fa vibrare il cuore. STORIA - Il fronte delle cave è formato da tre colline, mangiate costantemente dal secolare lavoro dell'uomo. Queste venivano sfogliate progressivamente e ogni volta che un filare finiva, si continuava partendo dall'alto col successivo. Per cavare la pietra c'erano degli operai specializzati in questa mansione, i massaioli. |
VOCE 3 - E' il ricordo che rimane più impresso nella mente. Mi ci portava mio zio, facendo cenno di nascondermi dietro alcuni massi, e poi mi diceva: "Chiuditi gli occhi, tappati gli orecchi" [Chiuditi gli occhi, tappati gli orecchi, tappati gli orecchi...]. Da lì si potevano spiare tutte le operazioni: alcuni uomini, legati con delle corde, salivano a decine di metri di altezza, sfidando il duro liscione, la parete di pietra arenaria. Avrei voluto anch'io essere lassù, con loro, e guardare il paesaggio che si estende in lontananza. [Chiuditi gli occhi, tappati gli orecchi, tappati gli orecchi...]
STORIA - Questi uomini, aggrappati a massicce funi, si arrampicavano sulla collina a strapiombo sul piazzale e lì, cominciavano a praticare un foro con le lunghe pertiche che avevano in mano. VOCE 3 - I battiti regolari e costanti, da mattina a sera, producevano nella pietra una fessura regolare, e una dolce musica, riconoscibile da lontano. Ci volevano giorni solo per scendere di qualche decina di centimetri. In questi fori veniva poi inserita la polvere nera della Nobel e, verso mezzogiorno, l'esplosione. [Tappati gli orecchi...] (boato) |
VOCE 3 - Un boato tremendo. Il fragore più grande che si potesse udire, rimbombava tra le colline circostanti e sullo stretto della Gonfolina. Uno scoppio secco, dieci volte più potente di un tuono, che rimbombava nelle orecchie.
STORIA - Tutta la parete veniva giù, insidiata dalla dinamite che la sbriciolava in massi grandi e piccoli, e in una miriade di schegge che come saette fischiavano nell'aria e si fiondavano sul piazzale, sugli alberi, e sulle capanne dove gli uomini si erano riparati. VOCE 3 - Dopo i massi arrivava, in silenzio, la nuvola di polvere, fine, sottile e insidiosa, più micidiale dei proiettili di roccia. Una valanga che invadeva lo spazio e l'aria attorno. |
STORIA - Sopra la cava rimaneva sospesa una sorta di nebbia sottile, che arrivava ad una decina di metri di altezza, quasi a proteggere la nuda parete, e impedendo per qualche ora le operazioni di prelievo dei massi caduti.
VOCE 3 - Noi ragazzi eravamo emozionati. L'energia sprigionata, la forza, la potenza di quei massi grandi come case che, inermi, cadevano al suolo ci rendevano euforici. Poi il boato, il fragore della roccia che si schiantava dalla parete e precipitava su se stessa. Ho sentito nuovamente, e per l'ultima volta, svanire questo immane rumore nella mia mente.
STORIA - Dopo la guerra, a causa della richiesta di manodopera nella ricostruzione e nelle fabbriche tessili pratesi, molti giovani scalpellini decisero di lasciare la dura vita delle cave per cercare qualcosa di più facile e di più redditizio, rompendo il fragile equilibrio generazionale durato per secoli. Fu allora che cominciò lo spopolamento, repentino, di questi luoghi abitati da secoli.
VOCE 3 - Noi ragazzi eravamo emozionati. L'energia sprigionata, la forza, la potenza di quei massi grandi come case che, inermi, cadevano al suolo ci rendevano euforici. Poi il boato, il fragore della roccia che si schiantava dalla parete e precipitava su se stessa. Ho sentito nuovamente, e per l'ultima volta, svanire questo immane rumore nella mia mente.
STORIA - Dopo la guerra, a causa della richiesta di manodopera nella ricostruzione e nelle fabbriche tessili pratesi, molti giovani scalpellini decisero di lasciare la dura vita delle cave per cercare qualcosa di più facile e di più redditizio, rompendo il fragile equilibrio generazionale durato per secoli. Fu allora che cominciò lo spopolamento, repentino, di questi luoghi abitati da secoli.
VOCE 4 - All'inizio degli anni '50 vissi un periodo di crisi che si protrasse per diversi mesi. Non mi piaceva più la vita che facevo, le mani callose tagliate dalle schegge di pietra, il lavoro nelle cave, il mio paese. Decisi così di lasciare l'impiego di scalpellino, nonostante, come dicevano tutti, avessi la "polvere nel sangue"; e, contro la volontà di mio padre, mi allontanai da quel mondo.
STORIA - Partirono, molti scalpellini, diretti prima nel resto d'Italia, e poi all'estero, soprattutto in Svizzera, dove alcuni continuarono il mestiere che da generazioni svolgevano. VOCE 4 - A Giornico, in Ticino, oltre il confine italiano, c'erano altri scalpellini come me, da Comeana e Poggio alla Malva. Lì credevo di aver dimenticato tutto, la cava, il paese, gli affetti. Invece non fu così. Il richiamo del luogo natìo, man mano che scorrevano i mesi, si fece potente. Finché non tornai a casa. STORIA - Quando, in molti, decisero di rietrare, le cave avevano subìto il tracollo, e il lavoro dello scalpellino ormai apparteneva al passato. Della vita di un tempo, di quel mondo, rimanevano in piedi i ruderi di poche baracche. Ormai l'estrazione era cessata. |
VOCE 4 - Mi sentii in qualche modo complice di quel silenzio che in questi luoghi non c'era mai stato. Molte cose erano cambiate: i giovani erano partiti tutti e di vecchi ne erano rimasti pochi. Poi tutto cambiò nuovamente con la morte di mio padre. [Ricordati ragazzo, tu hai la polvere nel sangue! nel sangue, sangue, sangue... ]
VOCE 4 - Qualche tempo dopo, mi trovai un pomeriggio lungo l'Elzana. Vidi una pietra, rotolata fin laggiù dal costone di roccia ormai abbandonato. La portai a casa, e, tirando fuori i vecchi ferri di mio padre, cominciai a scolpire, senza sapere quale sarebbe stato il soggetto.
VOCE 4 - Qualche tempo dopo, mi trovai un pomeriggio lungo l'Elzana. Vidi una pietra, rotolata fin laggiù dal costone di roccia ormai abbandonato. La portai a casa, e, tirando fuori i vecchi ferri di mio padre, cominciai a scolpire, senza sapere quale sarebbe stato il soggetto.
STORIA - Una pietra bellissima, liscia, morbida, quasi vellutata, una roccia delle cave, l'arenaria color del cielo, la migliore per le sculture. Con quella realizzò la sua prima opera, la prima e l'unica volta.
VOCE 4 - Alla fine, ebbe la meglio quella "polvere nel sangue", quel richiamo delle origini a cui non ero stato devoto. Quando finii, sfiorando con le dita, accarezzai il mio lavoro: venne fuori un volto, quello di mio padre.
STORIA - Un lungo tratto delle cave, esposto a tramontana, sta quasi sempre in ombra, cosicchè la vita, là, è come pervasa da un eterno crepuscolo, che dai boschi in cima alla collina scivola sulla parete. Tutto sembra avvolto come da un mistico segreto, un odore di abisso, di profondità, dove la natura tutta si aquieta, rispettosa e ossequiosa di quanti, tra questi massi, hanno perso la loro vita.
VOCE 5 - Ha un non so che di misterioso e inquietante, quasi che antiche tragedie aleggiassero tra quei massi. Ancora oggi, quando passo da quei sentieri, mi prende un brivido di paura.
STORIA - Da queste parti le morti sono un'incombenza che accade periodicamente, in una scansione che ha del tremendo: sono le morti in cava. La pietra colore del cielo si incupisce, trapassando in riflessi scuri e un profumo che sa di segreto. Qui, più che da ogni altra parte, le morti assumono il sapore della fatalità. Perchè il fato colpisce, se ha la possibilità di farlo.
VOCE 4 - Alla fine, ebbe la meglio quella "polvere nel sangue", quel richiamo delle origini a cui non ero stato devoto. Quando finii, sfiorando con le dita, accarezzai il mio lavoro: venne fuori un volto, quello di mio padre.
STORIA - Un lungo tratto delle cave, esposto a tramontana, sta quasi sempre in ombra, cosicchè la vita, là, è come pervasa da un eterno crepuscolo, che dai boschi in cima alla collina scivola sulla parete. Tutto sembra avvolto come da un mistico segreto, un odore di abisso, di profondità, dove la natura tutta si aquieta, rispettosa e ossequiosa di quanti, tra questi massi, hanno perso la loro vita.
VOCE 5 - Ha un non so che di misterioso e inquietante, quasi che antiche tragedie aleggiassero tra quei massi. Ancora oggi, quando passo da quei sentieri, mi prende un brivido di paura.
STORIA - Da queste parti le morti sono un'incombenza che accade periodicamente, in una scansione che ha del tremendo: sono le morti in cava. La pietra colore del cielo si incupisce, trapassando in riflessi scuri e un profumo che sa di segreto. Qui, più che da ogni altra parte, le morti assumono il sapore della fatalità. Perchè il fato colpisce, se ha la possibilità di farlo.
VOCE 5 - Non erano frequenti, ma quando accadevano, era da impietrire. Ero una ragazzina quando, nel '52, successe una tragedia. Un uomo, giovane, rimase ucciso da due enormi massi, che si erano rovesciati, dopo lo scoppio della polvere. Nel delirio collettivo ricordo ancora l'odore di esplosivo. I primi soccorsi arrivarono tempestivamente, ma il medico disse che non c'era più nulla da fare. Aveva lasciato, sole al mondo, la giovane moglie con la figlia di pochi mesi. L'immagine vaga, indistinta, rimasta impressa, coltiva in me ancora oggi quel senso di smarrimento difronte a tutte le morti nelle cave e sul lavoro.
STORIA - Non era solo la pietra l'unica ad uccidere. La polvere omicida, generata da quella stessa pietra era ancor più letale: molti erano gli scalpellini che non arrivavano al sessantesimo anno, assassinati dalla silicosi che annientava i polmoni e il respiro. VOCE 5 - Quanti erano, non saprei dirlo. E' certo che questo lavoro non era privo di rischi, ed è per questo che bisognerebbe conservare la memoria di quanti qui ci hanno vissuto. Non un freddo monumento, ma la memoria attiva che si tramanda nella gente, e che fa la tradizione e l'identità di un popolo. |
STORIA - Il lavoro dello scalpellino, soprattutto a Carmignano, appartiene di fatto al passato. Ma è il tacere, il non rendere doveroso omaggio alla storia di questi uomini, di un paese intero, che fa male. Anche la più piccola luce, la più fioca speranza, potrebbe portare a compimento questo viaggio, nelle radici della tradizione carmignanese e del suo territorio.
STORIA - Queste sono storie vere, e un compito arduo attende quanti coglieranno questo messaggio, pesante come un macigno colore del cielo, che, spezzati i vincoli a cui è legato, potrà librarsi nuovamente verso le stelle. STORIA - Dovremo proprio cambiare, rinnovando questi gesti antichi, questo antico mestiere che dagli Etruschi si conserva intatto, ma sempre più labile. Forse, un giorno non troppo lontano, potremo tornare nuovamente ad ascoltare, tra i fiori di ginestre e di acacie, la dolce sinfonia di mazzuoli e scalpelli che abbiamo così velocemente dimenticato.... |
VOCE 1 - Ne ho sorpresi parecchi di questi pellegrini del ricordo, solitari viandanti della memoria.
VOCE 2 - Spiano il passato con gli occhi malinconici di chi ha la certezza che quel tempo non tornerà più. VOCE 3 - E' per questo che restiamo ancorati qui, per rammentarci dei tempi felici, ... VOCE 4 - ... quando le cave erano vive, e brulicavano di gente, dall'alba al tramonto, quando nel cielo spuntavano le stelle. VOCE 5 - Cose che oggi non abbiamo più. E non avremo più la memoria delle nostre cave. |
Il Rione della Torre, Rione Bianco, ringrazia quanti hanno gentilmente concesso la loro preziosa testimonianza per la creazione di questa sfilata.